La Banda Larga aumenterà il Digital Divide ?

In questi giorni la TIM sta ponendo i cavi di fibra ottica nella mia città, promuovendo l’operazione con il solito cartello “portiamo la banda larga a casa tua“. La fibra permetterà ai fortunati utenti che ne usufruiranno una “connessione Internet per navigare da casa senza limiti fino a 1000 Mega in download e fino a 100 Mega in upload (o fino a 300/200/100 Mega in download e 20 Mega in upload a seconda dalla copertura)” con, in promozione per un anno, la “velocità fino a 1000 Mega“.

Già il 4G, o LTE, ci aveva abituato a velocità di connessione alla Rete in mobilità di tutto rispetto (anche oltre 100MB al secondo), spesso anche oltre le ormai obsolete ADSL casalinghe (che soffrono di svariati problemi, tra cui la qualità del segnale dipendente dalla lontananza ed obsolescenza dalla centrale) che non riescono ad andare oltre i 20MB teorici (in pratica, soprattutto nelle zone più rurali, le velocità medie sono di molto inferiori a quanto dichiarato dagli operatori).

L’aumento della banda disponibile ha ovviamente aumentato l’offerta di servizi disponibili, dallo streaming video on-demand alle telefonate e videochiamate via VoIP. Ma per gran parte del web, poco è cambiato. Anzi, si è spostato il “collo di bottiglia” dalla banda dell’utente alla capacità del server di soddisfare le richieste: fuori dai fornitori di servizi, che ovviamente possono vantare hardware di tutto rispetto, la velocità per l’apertura del blog o del sito web del salumiere sotto casa spesso rimane della stessa “lentezza”. Come però ben sappiamo, la velocità di apertura di un sito web è la chiave per il suo successo: bastano anche pochi secondi per perdere potenziali clienti, pertanto già da alcuni anni sono nate figure come i SEO –Search Engine Optimization– che si occupano anche di migliorare le prestazioni delle pagine web. Prestazioni che dipendono anche dall’hoster, il provider che offre lo spazio web ed i servizi necessari (PHP, Apache…), che ormai si sfidano non solo a colpi di spazio disponibile ma anche di potenza di calcolo e di velocità di risposta, con velocissimi (e costosi) dischi SSD, CPU potentissime, giga di RAM e connessioni dirette con gli snodi Internet nazionali.

In questo scenario di velocità di connessione alla Rete sempre più alte, per i fortunati che abitano nelle zone coperte dal servizio, l’atavico problema del digital divide (di cui, peraltro, non si parla quasi più…) rimane e, secondo la mia modesta opinione, si acuisce.

Partiamo dagli ultimi dati dell’AGCOM: in Italia ci sono solo 7 milioni di famiglie che hanno connessioni a velocità superiori ai 10 Mpbs ma la maggioranza degli utenti si “accontenta” di linee di velocità inferiore ai 10 Mpbs, e addirittura circa un milione di famiglie si limita addirittura a meno di 2 Mpbs (anche se potrebbe aumentare la propria banda, rinuncia a farlo). A questo si aggiunge che, sempre secondo i dati disponibili, i distretti industriali sono meno raggiunti dalla banda ultra-larga:  in Italia l’80% delle zone industriali si trova in aree digitalmente disagiate, il 13% delle imprese non ha alcuna copertura fissa e il 20% non è digitalizzata.

Il libro bianco del Digital Divide ci dice però che la copertura di banda larga fissa è ora del 63% (+20% rispetto al 2015) mentre sul mobile siamo già al 99%. Sul Fixed Wireless Access, un’evoluzione del WiMax, la copertura è del 67%.

C’è quindi sia una difficoltà fisica di accesso alla Rete ma anche, almeno sul lato mobile, un importante fattore culturale che porta famiglie ed aziende a sottovalutare l’importanza di questo mezzo di comunicazione. Ma quanto ci costa questa arretratezza sul fronte della competitività internazionale ? Sicuramente molto, anche in settori che potrebbero trarne grande giovamento (es. il mondo del volontariato), di fatto riducendo le opportunità e lo sviluppo delle stesse. Non a caso, ormai la trasformazione digitale delle economie è realtà consolidata in tutto il mondo e nella Global Connectivity Index 2017 realizzata da Huawei, anche se l’Italia si trova al 21° posto, la stessa ricerca identifica le criticità del nostro paese:

Italy needs to address its severe digital skills gap. Digital skills are nowadays needed in every corner of the workforce, and the fact that only half of the Italian population does not possess digital skills even at an adequate level. This can be an important barrier to the country’s economic development. Italy has also a low percentage of population with a STEM (science, technology, engineering and mathematics) degree, which is hinders the nation to be an advanced high technology economy.

Tornando quindi alla domanda iniziale, l’aumento della disponibilità della banda larga soprattutto nelle aree metropolitane (dove, aziendalmente parlando, ci sono più potenziali clienti…) credo che potrebbe realisticamente peggiorare ed aggravare il fenomeno del digital divide, aumentando la forbice tra chi ha accesso ai servizi digitali e chi no. La stessa forbice sociale e culturale che ha bloccato l’Italia in un limbo di ignoranza digitale di cui, purtroppo, qualcuno se ne vanta pure. Un limbo che ha un costo altissimo in termini di competitività e sviluppo, le cui conseguenze sono aumento della povertà, del lavoro e del benessere.

Per uscire dall’impasse in cui siamo impantanati, un rinnovamento totale dell’infrastruttura della PA italiana gioca un ruolo fondamentale. E’ notizia di questi giorni, ad esempio, che il progetto per l’ANPR (Anagrafe Nazionale Popolazione Residente) è passato al Team per l’Agenda Digitale Italiana. I risultati dovrebbero vedersi nel 2018 e, se questa operazione dovesse andare in porto, porterebbe molte amministrazioni pubbliche locali, di piccoli e piccolissimi comuni, arriverebbe ad una digitalizzazione molto pesante anche sul piano dei servizi all’utenza. A questo ci aggiungiamo tutta una serie di altri servizi al cittadino possibili per via telematica (pagamento bollettini, tasse locali, ICI, catasto etc etc etc…), che spero contribuiscano a diffondere l’utilizzo della Rete anche nelle zone più ruralizzate del Paese, proprio quelle più colpite dal digital divide.

Anche in questo caso credo che la PA giochi un ruolo fondamentale per diffondere la cultura informatica: senza una colonna dorsale nazionale, che agisce ed opera anche nelle zone commercialmente meno vantaggiose (e questo è uno dei motivi del digital divide: l’infrastruttura di Rete lasciata in mano a compagnie private), non ci sarà mai una vera unificazione digitale del nostro sventurato Paese. Senza la PA, senza una PA efficente, competitiva, innovativa e dinamica, anche in questo caso, saremo solo clienti e non cittadini.

 

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