Stagione 2, Ep.8 – Siena è rossa

Il rosso è uno dei colori più forti. E’ come il sangue, colpisce l’occhio. Credo che sia per questo che i semafori sono rossi, così come i segnali di stop. Uso sempre il rosso nelle mie opere.”
Keith Haring

Nella giostra dei colori che stabiliscono l’impatto del CoVID nelle regioni, provincie e comuni italiani, da oggi l’intera provincia di Siena è nuovamente rossa.

Con gli occhi puntati all’indice Rt, di cui fino a neanche un anno fa solo pochi addetti ai lavori ne conoscevano l’esistenza, oltre 200 mila cittadini residenti nella Provincia di Siena vedranno nuovamente limitate le loro libertà di spostamento. Rispetto all’arancione e al “giallo rafforzato” (eravamo partiti con 3 livelli, adesso siamo alle sfumature…) , non ci si potrà più spostare –senza giustificato motivo– neppure all’interno del proprio Comune di residenza.

Non entro nel merito della decisione, che non mi compete. Vorrei solo modestamente far notare come questo continuo altalenare di colori, regole e libertà, unite all’angoscia e ansia continua del cambiamento, possa essere psicologicamente molto pesante. Tanto da avere effetti controproducenti, come purtroppo stiamo assistendo: violazione delle regole, assembramenti, comportamenti scorretti e vere e proprie “ribellioni”.

A cui si sommano vere e proprie assurdità, come la decisione di far correre la competizione ciclistica “Strade Bianche”. Con un arrivo in Piazza del Campo, ma senza pubblico. Mi chiedo, sinceramente, se la sola copertura mediatica della competizione sia sufficiente a soddisfare le esigenze di “ritorno d’immagine” da parte degli sponsor. Ma, al di là di questo, credo sia difficile giustificare simili manifestazioni mentre centinaia di migliaia di cittadini sono segregati nelle proprie case…

È il virus che detta l’agenda politica. Affermazione che mi sento di condividere, poiché a quanto ho capito, il tutto si gioca attorno al dover garantire il funzionamento delle strutture sanitarie ed evitarne il collasso. Il funzionamento dei reparti di terapia intensiva, dove vengono ricoverati i malati più gravi, già falcidiati –insieme a molte altre realtà della Sanità pubblica– dai continui tagli alle risorse e dalla malagestio dei decenni passati, è appeso a un filo, insieme alla garanzia di poter curare i cittadini.

Non credo che ci sarà un ritorno alla normalità. L’orologio non può tornare indietro né cancellare, con un colpo di spugna, uno dei periodi peggiori dell’ultimo secolo. Mi immagino più una nuova normalità, fatta di distanziamento sociale, mascherine, gel idroalcolico, che ridisegnerà pesantemente la nostra società.

Molta speranza viene data alla campagna vaccinale. Che in Italia, come al solito in questo Paese, procede a rilento nel caos e nella più totale disorganizzazione (tanto da arrivare a proporre la “dose unica” per accelerare). Avevo già segnalato il portale “Vaccini per tutti” dell’Associazione OnData, che stima la data di completamento della campagna vaccinale. A oggi, con questo ritmo, il 70% della popolazione sarà coperta sabato 10 giugno 2023. Sempre che, ovviamente, non spuntino fuori delle varianti non coperte, che obbligheranno a cercare una nuova soluzione in una continua rincorsa contro il tempo.

Ricordate gli arcobaleni “andrà tutto bene”, comparsi un po’ ovunque a marzo 2020, data del Grande Lockdown Nazionale? Personalmente non ho mai pensato che andrà tutto bene: semplicemente, andrà. Il CoVID ha impresso una fortissima accelerata al cambiamento della società, ridisegnando e stravolgendo meccanismi che consideravamo assodati. Alcuni settori economici ne usciranno rafforzati, altri scompariranno. Alcuni mestieri saranno destinati a scomparire o assottigliarsi, nuove professioni nasceranno a soddisfare nuove domande e necessità.

Non è la fine, non è l’inizio. E’ solo cambiamento. Resistervi credo che farà solo più male.

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