I cumuli di spazzatura emblema del fallimento di un sistema di raccolta inefficace e costoso

Il fallimento di questo sistema di raccolta e gestione dei rifiuti solidi urbani è certificato, come un sigillo indelebile, dai cumuli di spazzatura che si formano accanto ai pochi cassonetti rimasti e dagli abbandoni, sempre più frequenti, nelle nostre campagne.

Un fenomeno che riguarda soprattutto le zone meno presidiate, come dimostra l’esperienza dell’area ecologia di Sant’Andrea a Montecchio, prima presa costantemente d’assalto da chi, senza scrupoli, vi abbandonava davvero di tutto: è bastato installare due telecamere che il problema, almeno lì, si è magicamente risolto. Per spostarsi, ovviamente, nei luoghi lontani da occhi (elettronici) indiscreti.

Sono più di uno gli indizi che farebbero sospettare una vera e propria organizzazione criminosa dietro questa attività di sistematico abbandono di frigoriferi, televisori e materassi in prossimità dei cassonetti meno presidiati, con costi di raccolta e smaltimento a carico di tutta la collettività.

Anche per questi motivi ritengo del tutto sbagliata l’idea di avvalersi dei cosiddetti “cassonetti intelligenti”, che comporterebbero un ingente investimento da parte dell’attuale gestore 6Toscana: continuo a ritenere la raccolta differenziata porta a porta spinta come unico modo per provare a scalare la triste classifica che vede Siena –e gran parte della sua provincia– relegata a percentuali ridicole, spesso sotto il 40%. Lo dimostrano i fatti e i dati: laddove viene messa in atto una differenziazione efficiente delle materie prime le percentuali crescono, come ad esempio stiamo già vedendo in alcuni comuni più virtuosi da qualche anno. Il tutto in un contesto pesantemente svantaggiato per i singoli comuni, che trovandosi con percentuali ridicole nelle assemblee dell’ATO, di fatto sono succubi delle decisioni del gestore, anche se l’aumento della quota di materia prima seconda recuperata dovrebbe (e anche qui il condizionale è d’obbligo) permettere la riduzione dell’odiosa TARI.

Quindi si può (e si deve) fare di più, ad iniziare dalla tariffazione puntuale della quota indifferenziata dei rifiuti solidi urbani.  Per tornare, secondo il mio modesto parere, ad una gestione più locale della raccolta e smaltimento dei RSU: l’esperimento dell’ATO con le sue politiche industriali “di scala” che avrebbero “ridotto i costi”, come dichiarò il governatore Rossi, è chiaramente fallito. Con tutto lo strascico di inchieste che sta andando avanti. I comuni dovrebbero unirsi in aree territoriali omogenee per ottimizzare la raccolta, la gestione delle materie prime seconde ed arrivare il più possibile vicini ad annullare la quota di indifferenziato. Sono processi non solo organizzativi ma soprattutto politici e sociali, dovendo cambiare la percezione di quello che oggi chiamiamo “rifiuto” ma che, in realtà, è preziosa materia prima riutilizzabile.

Inoltre, se fatta correttamente, credo che la raccolta differenziata sia un ottimo strumento educativo per riscoprire il vero valore dei beni materiali, oggi forse ancora troppo influenzata dalla sbornia consumistica dei decenni passati.

Riduzione alla fonte, recupero, riuso… per arrivare all’ambizioso obiettivo di “Rifiuti Zero” nel 2020: queste dovrebbero essere le parole chiave per la gestione di un servizio importante come quello dei rifiuti, per la tutela del nostro ambiente e della nostra salute.

Michele Pinassi

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