Chi ha paura delle CyberTroops ?

“Tutti abbiamo paura. La differenza sta nella domanda: paura di cosa?”
Frank Thiess

La propaganda si adegua ai modi ed agli strumenti contemporanei, approdando nel cyberspazio, mondo virtuale dove quotidianamente si incontrano miliardi di persone.

Che sia per gioco, per lavoro o per svago, la sempre maggiore presenza dei cittadini nel cyberspazio lo ha reso luogo appetibile anche per i governi e le forze politiche che, attraverso la macchina della propaganda, stanno esplorando e sperimentando la loro azione (e forza) su questi nuovi media.

The manipulation of public opinion over social media platforms has emerged as a critical threat to public life. Around the world,a range of government agencies and political parties are exploiting social media platforms to spread junk news and disinformation, exercise censorship and control, and undermine trust in the media, public institutions, and science. At a time when news consumption is increasingly digital, artificial intelligence, big data analytics, and “black box” algorithms are being leveraged to challenge truth and trust: the cornerstones of our democratic society.

Computational Propaganda Research project, Oxford University

Una interessante ricerca svolta dall’Università di Oxford, disponibile su loro sito web, ha evidenziato la presenza di “formally organized social media manipulation campaigns in 48 countries, up from 28 countries last year. In each country there is at least one political party orgovernment agency using social media to manipulate public opinion domestically.

Eserciti digitali

Avevamo già parlato di qualcosa di simile a proposito delle fake news e di come siano potenzialmente capaci di alterare gli equilibri democratici. Qui siamo tuttavia davanti a vere e proprie cyber troops organizzate, spesso finanziate proprio dai governi o dalle forze politiche per diffondere notizie fasulle o distorte con il preciso intento di manipolare l’opinione pubblica di un Paese. E di alterarne, quindi, gli equilibri democratici riuscendo a plasmare la percezione dei cittadini sulla società.

Challenging Truth and Trust: A Global Inventory of Organized Social Media Manipulation

E’ notizia di questi giorni, tanto per fare un esempio, di come l’omicidio del giornalista Kashoggi, ad opera di agenti di Riad nell’ambasciata iraniana di Instanbul, sia in qualche modo connessa alla “costruzione di un network di sorveglianza e di manipolazione dei social media per far avanzare l’agenda del principe e sopprimere i suoi nemici” nella quale sarebbe coinvolta anche una azienda Italiana.

Non è neppure un caso che i maggiori investimenti nelle cyber-troops siano in Paesi come la Russia e gli USA, a cui si è aggiunta la Cina: potenze economiche mondiali che sfruttano le nuove piattaforme come scenari per i combattimenti digitali, in una nuova (e forse più preoccupante) “guerra fredda cibernetica”. O davvero credete che le azioni dell’amministrazione Trump nei confronti della Huawei siano solo una coincidenza ? Del resto la storia recente è piena di fatti che confermano una nuova escalation tra l’ex Unione Sovietica e gli USA, dal Russiagate al leak di Guccifer 2.0.

Orizzontali e potenti

E’ chiaro che il potenziale manipolativo degli strumenti telematici, primi tra tutti i social networks, è enorme. Pensate ad esempio alla potenza manipolativa che può avere una campagna di fake news ben fatta, che riesce a raggiungere milioni di persone, all’interno di una operazione di framing sul lungo periodo. C’è chi ci ha vinto le elezioni.

Certamente le piattaforme social e la loro comunicazione orizzontale tra i cittadini hanno permesso la nascita di movimenti culturali e politici importanti, come la Primavera Araba, Occupy Wall Street e lo stesso consolidarsi del MoVimento 5 Stelle, qui in Italia. Il problema nasce nel momento in cui questa comunicazione orizzontale viene abilmente sfruttata da gruppi organizzati (e ben finanziati) per diffondere notizie fasulle o costruite ad arte, che sui social funzionano particolarmente bene a causa della viralità” e dai bias di conferma che le tecnologie con cui sono stati costruiti i social network sollecitano ed incoraggiano.

Migliorare l’ecosistema digitale

We cannot wait for national courts to sort out the technicalities of infractions after running an election or referendum. Protecting our democracies now means setting the rules of fair play before voting day, not after.

Computational Propaganda Research project, Oxford University

Qualcosa, tutti noi, possiamo fare. Anche se siamo tendenzialmente portati a fidarci dei nostri amici e conoscenti e delle notizie che veicolano, è sempre necessario attivare il pensiero critico prima di effettuare qualsiasi azione di condivisione o apprezzamento sui social network (ma anche fuori).

E’ del 2016 l’ottimo post “Cosa possiamo fare per migliorare l’ambiente digitale in cui viviamo” del blog Valigia Blu, che ci offre qualche importante suggerimento per migliorare l’ecosistema digitale che frequentiamo.

Cosa possiamo fare per migliorare l’ambiente digitale in cui viviamo, Valigia Blu

Mi piace davvero ?

La semplicità con cui facciamo click sul pollicione blu che testimonia il nostro apprezzamento su una certa notizia può avere effetti davvero gravi e conseguenze pesanti sulla nostra società: non mi stancherò mai di ripetere quanto sia importante adottare, nel mondo virtuale, tutta una serie di meccanismi difensivi, che peraltro già adottiamo nel mondo reale. Ad iniziare dalla necessità di verificare le fonti.


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