Quando “Babbo Monte” aveva la B maiuscola dagli occhi di un ragazzino

Sono forse troppo giovane per ricordare la grande Siena della grande Banca MPS. Erano gli anni ’80, prima che la riforma Amato del 1990 obbligasse i grandi istituti bancari a creare le “fondazioni”, iniziando così il declino di una delle banche più antiche del mondo.

In quegli anni frequentavo la scuola elementare B. Peruzzi, in Via Avignone.

Io, di famiglia onesta e modesta, sedevo accanto a figli di banchieri e bancari, sempre pronti a sfoggiare lo zaino più costoso, il diario più lussuoso, a vantarsi dei loro ruoli nelle squadre di calcio senesi etc. etc. etc. Ed i genitori sempre ad aspettare fuori dai cancelli della scuola, mentre io salivo sul pullman, all’andata ed al ritorno, anche il primo giorno di scuola. Sia chiaro, non ho rimproveri da fare ai miei genitori: erano anni difficili, anche economicamente, e si faceva quello che si poteva, senza fronzoli.

Ricordo che si parlava sempre con gran rispetto della banca e di chi vi lavorava: anche a scuola, le maestre erano sempre ossequiose nei confronti di quei genitori incravattati che venivano ad informarsi dei successi scolastici dei figli, ovviamente “bravi ed intelligenti, perché con dei genitori così acculturati ed altolocati…“. Anche le maestre erano sensibili al fascino del potere.

Siena era, anche se non sono passati poi così tanti anni, ancora più provinciale di adesso: bastava abitare fuori dalla periferia per essere uno “zotico” del contado. In quegli anni c’era ancora chi cantava: “Chi unn’è di Siena stianti…il contadino ‘un passa !” ed anche se non posso certo dire che ero un emarginato, la differenza con chi poteva era ben evidente.

Avevo legato tantissimo con un ragazzo dai capelli rossi, Francesco R., con il quale eravamo molto amici. La sua famiglia abitava in Via Mentana, a poche centinaia di metri dalla scuola, e ricordo ancora i tanti pomeriggi passati per le strade di Via Custoza e Via Mentana a giocare, con gli altri ragazzi del quartiere.

Erano gli anni in cui ancora si poteva giocare per strada, senza paura, dove con le 500 lire di carta compravi un sacchetto di patatine e i giochi del tempo erano gli album di figurine. Non esistevano i cellulari ed accanto ai telefoni, a gettone, c’era ancora la macchinetta gialla che ti cambiava le 200 lire. Al polso l’orologio Casio “water-resistant” e l’ora precisa dell’appuntamento con il genitore…e guai a ritardare che volavano ceffoni !

Non voglio passare per nostalgico: non erano tempi d’oro per tutti e c’era chi, come la mia famiglia, per tirare avanti si arrangiava con mille lavori. Ma le opportunità per chi voleva lavorare c’erano e si faceva anche carriera, a differenza del “limbo” in cui siamo piombati negli ultimi anni.

Ricordo le guerre tra gruppi “rivali”, dove però nessuno si faceva male e, al massimo, ti sbucciavi un ginocchio cadendo su qualche gradino. E le corse per le strade ed i viottoli, di cui conoscevamo ogni palmo, ogni scorciatoia ed ogni ciliegio.

E Babbo Monte, onnipresente, con quei signori in giacca e cravatta e le signore in tailleur, ingioiellate, a testa alta in Società. L’Università, la “piccola Oxford”, e Siena incantevole “perla della Toscana”. C’era solo San Miniato, il quartiere popolare, una specie di ghetto tra le colline a pochi km dalla città: circolavano strane voci, pettegolezzi, brutte dicerie. Oggi c’è chi pagherebbe per poter abitare lì…

Io abitavo a Carpineto, detto anche “Villaggio Maresca”, zona residenziale a circa 10km dalla città. I miei amici mi sfottevano perché venivo “dal contado“. Oggi vendono case a Casciano di Murlo con scritto “a pochi minuti dalla città“.

Com’è cambiata la mia Siena, bellissima nei suoi palazzo storici e negli scorci medievali. E la sua piazza e la sua torre, uniche al mondo. Sembrava eterna ed invincibile. Sono bastati solo pochi anni e l’insaziabile fame della mala-politica.

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