Quale futuro per il nostro territorio ?

Sono sempre più preoccupato per la brutta piega che sta prendendo la gestione del nostro Territorio.

Non parlo solamente delle “desertificazioni selvagge” ad opera dei Consorzi di Bonifica, di cui ho parlato recentemente, ma soprattutto dell’aspetto della tutela ambientale e controllo della selvaggina, fino ad oggi di competenza della Polizia Provinciale e del Corpo Forestale dello Stato. Il primo, dopo una serie di scellerate manovre, probabilmente finirà assorbito dalle Polizie Municipali a fare le multe per eccesso di velocità. Il secondo sarà incorporato nell’Arma dei Carabinieri, nel silenzio generale.

Così, con questo colpo di mano, il demanio forestale sarà sguarnito dei controllori istituzionali, alla mercé di bracconieri e speculatori.

Inoltre, approfittando dell’abnorme numero di animali selvatici presenti nella nostra Regione (si parla di oltre 400.000 cinghiali, a fronte di una media nazionale di 200.000, senza contare daini, caprioli e cervi), le istituzioni hanno avviato un pesante programma di riduzione della fauna tramite l’abbattimento e la cattura di almeno 300.000 capi (qualcuno proponeva anche la sterilizzazione, probabilmente senza neanche sapere di cosa stava parlando) avvalendosi dell’aiuto di agricoltori e cacciatori. I primi, incazzati neri per i cospicui danni arrecati alle loro terre da questi animali, si vedranno autorizzati a sparare all’interno della loro proprietà. I secondi, cospicuo “corpo elettorale” del PD (La Confederazione Cacciatori Toscani, la più grande associazione a livello regionale di cacciatori, conta oltre 60.000 iscritti), vedranno allentati i vincoli ed aumentare le possibilità economiche con l’introduzione di una “filiera per la commercializzazione di una parte almeno delle carni di selvatici, molto richieste dal mercato” (Il Tirreno, 03.11.2015).

Per i controlli, essendo comunque obbligatori, “bastano le guardie provinciali o le guardie volontarie che abbiano seguito un corso“.

Ma la proliferazione dei cinghiali e degli altri animali selvatici non è partita proprio dall’abnorme e sovrabbondante disponibilità di cibo presente dei boschi, complice anche il foraggiamento “da richiamo”, pratica che sembra accogliere -stranamente- anche il consenso della Coldiretti (Il Tirreno, 04.11.2015) ? A quanto dice nello stesso articolo Cocchi  “Niente di più falsoè l’abbandono delle campagne e la maggiore disposizione di ghiande e castagne ad aver favorito l’aumento della popolazione“.

Eppure, da frequentatore ed amante dei boschi e della campagna, come questo aumento di ghiande e castagne sia stato possibile rimane per me un interrogativo. Quello che però ho visto, e sentito più volte riferire, è il cambiamento della razza di cinghiali presenti, passati dal piccolo e tozzo “cinghialotto” toscano ai ben più possenti e fecondi cinghiali dall’est europa, come conferma anche lo stesso WWF che in un documento dichiara:

“Per far fronte alla rarefazione dell’Ungulato, a partire dagli anni ’50 ebbe inizio una massiccia attività di introduzione di Cinghiali provenienti dall’estero, in prevalenza dall’est europeo, caratterizzati da dimensioni, robustezza e prolificità maggiori rispetto ai cinghiali italiani , cui ha fatto seguito l’utilizzo di animali forniti da allevamenti nazionali. Ciò ha determinato una forte espansione territoriale della specie, oggi diffusa dalla Valle d’Aosta alla Calabria (in Sicilia è presente con nuclei sparsi dopo recenti immissioni), espansione favorita anche da alcuni fattori come l’abbandono delle aree collinari e montane: in pratica l’area di distribuzione della specie in Italia si è quintuplicata negli ultimi trent’anni.” (IL PROBLEMA CINGHIALE, CAUSE E POSSIBILI SOLUZIONI)

A scanso di equivoci, chi mi conosce ben sa che non sono contro la caccia. Provenendo peraltro da una famiglia di cacciatori, nato e cresciuto in campagna, ho imparato presto ad apprezzare il ruolo sociale, culturale e di tutela che la caccia ha per il territorio. Caccia che però non deve diventare una mera attività speculativa ed economica, come purtroppo sembra accadere oggi: nei nostri territori sono sempre meno i cacciatori autoctoni e così sempre più cacciatori extra moenia si riversano nelle nostre terre durante i weekend, creando un vero e proprio turismo venatorio che va al di là delle semplici battute di caccia nelle riserve agricole, stravolgendo l’aspetto culturale ed etico della caccia, intesa come attività di salvaguardia e protezione dell’ambiente naturale.

Cosa ci aspetterà per il futuro è difficile dirlo ma i segnali per un peggioramento della situazione ci sono tutti, ad iniziare dalla resa incondizionata delle Amministrazioni Pubbliche a presidiare e gestire il territorio, letteralmente lasciato nelle mani delle lobby di potere interessate a mettere mano sull’enorme ricchezza che produrrà sia la commercializzazione della selvaggina che l’aumento vertiginoso del turismo venatorio.

Le nostre campagne, i nostri boschi, le nostre terre sono in pericolo. E non a causa degli animali selvatici.

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