Nativi digitali o rimbecilliti al cellulare?

“L’imbecillità rappresenta, ahinoi, una risorsa utile per il sistema: se non ci fossero tanti imbecilli in giro non sarebbe così facile trovare un furbone che li seduce. Ecco perché un imbecille è molto più pericoloso di un mascalzone.”
Corrado Augias

Mi perdonerete se apro con un aforisma così tranchant di Augias ma non saprei come altro descrivere l’abitudine contemporanea di essere sempre costantemente davanti allo smartphone.

Un recente sondaggio proposto su un gruppo Facebook in merito all’uso che facciamo dello smartphone (sia chiaro che non ha alcun valore statistico) ha confermato che la stragrande maggioranza lo usa spesso (io compreso, lo ammetto).

Certo che ho il mio bello smartphone, che uso con soddisfazione sia per lavoro che per svago, in particolare nei momenti di noia. Perché, forse, il vero motivo per il quale abbiamo sempre tra le mani questi aggeggi è perché, in fondo, siamo soli e ci annoiamo. E non riusciamo più ad annoiarci.

Siamo soli perché tutta la nostra attenzione è catturata da questi straordinari portali verso il cyberspazio, annientando le relazioni sociali: è diventato impossibile scambiare due chiacchiere anche in palestra, luogo principe della convivialità, perché sono tutti con le cuffiette e lo smartphone in mano. Ad ascoltare musica mentre fanno gli esercizi, a guardare film e serie TV mentre passeggiano sul tapis roulant, a impostare il cronometro o guardare quale è il prossimo esercizio da fare. Se si sente qualcuno parlare, probabilmente è impegnato in una conversazione telefonica o sta registrando un messaggio vocale. Scusate ma lo trovo agghiacciante.

Lo sport, quell’ora e mezza tre/quattro volte a settimana che riesco a dedicarvi, è un momento sacro: come per chi quando entra in Chiesa spegne lo smartphone.

Non credereste mai a quanto riesco a rigenerarmi quando stacco dalla Rete, anche se solo per un’ora. Mi rilassa non dovermi preoccupare delle notifiche, dei like su Facebook, dei tweet su Twitter o dei cuoricini su Instagram. Mi fa sentire meglio, molto meglio. Mi fa sentire libero da tutti quei condizionamenti dettati dalla tecnologia e dall’essere sempre costantemente online (che detto da me –che con la tecnologia ci vivo e ci mangio– fa quasi sorridere).

Staccare la spina e tornare a guardarsi intorno è bellissimo. Aiuta a riflettere. Anche se il panorama non sempre è dei migliori. Ma ci siamo mai guardati, alle fermate dell’autobus, tutti a testa bassa sugli schermi che ci illuminano il volto? O sul bus, sulla metro, sul treno: tutti troppo impegnati a leggere l’ultimo tweet, tanto da non accorgersi neppure del vicino che ci siede a pochi centimetri di distanza. Eppure, anche l’ultima volta che ho preso il treno, le quattro chiacchiere scambiate con quella simpatica coppia attempata di romani hanno reso una dura giornata di lavoro molto più leggera!

Vogliamo parlare poi, di quei criminali che usano lo smartphone mentre sono alla guida? Di chi non riesce, neppure per pochi minuti, a rinunciare a distrarsi e mette a repentaglio l’incolumità sua e degli altri? Non avete idea di quanti ne vedo, quotidianamente: tra chi lo sfoggia incurante mentre guida a chi messaggia quasi nascondendolo, forse pensando di non essere visto: vi si vede, tranquilli, anche solo dall’andatura ondivaga e incerta dell’automobile che state guidando…

Che stiamo letteralmente esagerando iniziano a dirlo in molti: proprio in questi giorni sono uscite due ricerche, una di Coop (“Drogati di cellulare sin da bambini. I giovani lo usano 10 ore al giorno“, Quotidiano.net, 5.12.2019) e una del Laboratorio Adolescenza e Istituto di Ricerca Iard (“Adolescenti sui social già a 11 anni: cresce l’insonnia da like. Bambini, allarme smartphone“, Il Sole 24 Ore, 4.12.2019), che confermano la preoccupante situazione dei nostri adolescenti e il loro rapporto con lo smartphone.

Lo so che probabilmente penserete che sto solo predicando bene ma razzolando male, visto che –come ho già sottolineato– adoro e lavoro con la tecnologia .

Ma forse è proprio perché, negli anni, ho imparato molto sulla dark side of the tech e riesco a vederla con molto più distacco emotivo. O, quantomeno, provo a vederla per ciò che è: uno strumento utilissimo, fantastico e meraviglioso. Che apre a possibilità incredibili ma rischia anche di trascinarci tutti in un black mirror dal quale non riusciremo più a svegliarci.

Concludendo quindi questo meraviglioso pippone serale, voglio invitarvi a fare un esperimento: datevi almeno 5 occasioni, di più o meno 1 ora, per separarvi dallo smartphone, completamente. Che sia una passeggiata nel bosco, una corsetta all’aria aperta, una sessione in palestra. Separatevene, lasciatelo in auto, nell’armadietto, a casa.

Fatemi sapere come è andata.

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