Le multinazionali e il ricatto del lavoro

Prendo spunto da un articolo odierno relativo alla Novartis di Siena che, a detta del sindacalista CGIL Marco Goracci:

“Novartis sta valutando, all’interno di una riorganizzazione complessiva delle proprie attività, la dismissione e conseguente cessione dei vaccini ad altre multinazionali interessate a sviluppare questo business. […] Qualunque sarà la decisione finale è necessario che si attivi in tempo utile un confronto sindacale indirizzato in primo luogo alla salvaguardia occupazionale di tutta l’attuale forza lavoro, compresi quanti operano all’interno dei siti senesi tramite le agenzie interinali, così da mantenere e valorizzare quel capitale umano portatore di conoscenze e competenze fondamentali per un polo di eccellenza come quello di Siena-Rosia”

In molti, dopo la lettura del comunicato, hanno iniziato a temere che la Novartis se ne vada, mettendo a rischio l’occupazione per i numerosi dipendenti dello stabilimento di Rosia: ecco che subito, da più parti, si inizia a puntare il dito sul “mancato ampliamento del’Aeroporto di Ampugnano” che, sempre secondo queste persone, “era stato richiesto dalla stessa Novartis“.

[alert style=”yellow”] Tale rumor viene seccamente smentito proprio dalle pagine del Corriere di Siena, il 23 marzo 2010, in un articolo intitolato “A Novartis non interessa l’ampliamento dell’aeroporto”:  “l’amministratore delegato ha chiesto al Corriere di Siena di smettere di spendere il nome della Novartis per avallare il progetto di ampliamento dell’aeroporto di Ampugnano, che tale progetto non interessa minimamente alla società, semmai interessata al miglioramento delle strade e della ferrovia”.  [/alert]

Facciamo un passo indietro.

Le multinazionali, per definizione, sono aziende che hanno presenza in numerosi paesi, sia con stabilimenti di produzione, uffici gestionali, contabili etc etc.

Sono aziende generalmente caratterizzate da una forte predisposizione alla mobilità delle linee di produzione, puntando su quei paesi con politiche più favorevoli, minor costo del lavoro, minori tasse, infrastrutture adeguate ai fabbisogni e sicurezza nel business.

Tuttavia queste aziende offrono anche dimensioni occupazionali di un certo riguardo, spesso di migliaia di unità, così da poter anche effettuare pesanti azioni di “lobby” nei confronti delle Amministrazioni locali.

Ricapitolando, abbiamo aziende enormi interessate a fare profitto, amministrazioni locali molto attente al consenso elettorale, lavoratori interessati a conservare il proprio posto di lavoro.

Il coltello dalla parte del manico, è facile immaginarlo, lo hanno le aziende: attraverso il “ricatto” dell’occupazione, riescono spesso ad ottenere “impegni” da parte delle Amministrazioni locali che, a loro volta, non vogliono certo passare come quelli che “non hanno saputo garantire -o stimolare adeguatamente- l’occupazione“.

Nei periodi di crisi economica, ed occupazionale, ovviamente il potere “contrattuale” in mano a queste aziende aumenta a dismisura, come sta avvenendo in Grecia (Grecia, il ricatto delle multinazionali: part-time a soli 250-300 euro al mese):

Le multinazionali che operano in Grecia sembrano voler imporre una riduzione  del salario minimo, come pre-requisito per una  maggiore e migliore competitività. Per la seconda volta nel giro di pochi giorni, il governo è stato costretto a dichiarare, la settimana scorsa, che sul tema di ridurre ulteriormente il salario minimo in Grecia non si tratta.[…] “Investiremmo di più, se la Grecia avesse condizioni  più amichevole per gli investimenti”, hanno detto gli 11 manager in una sola voce, chiedendo la riduzione della burocrazia, la riduzione dei costi energetici e la semplificazione delle procedure per le attività produttive. […] “Potremmo dare 250-300 euro per un lavoro part-time, tre o quattro giorni alla settimana,” questa è la posizione di otto degli undici dirigenti presenti, soprattutto i manager delle società Barilla, Bic Violex e Nestlè si sono fatti portavoci di questa proposta.

A questo punto, a costo di essere impopolare, mi sorge spontanea una domanda: fino a quanto, o quando, saremo disposti a sopportare tutto ciò ? Fino a quando la nostra società sarà disposta a (s)vendere il proprio territorio, i propri figli, la propria dignità per pochi spiccioli ?

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