Chi è un “blogger” ?

Da qualche anno, con la nascita e proliferazione dei “diari in Rete”, detti comunemente BLOG (contrazione di weB LOG), che hanno la peculiarità di ordinare i contenuti in ordine cronologico (proprio come un “diario”), è nata anche la figura del “blogger”.

Per definizione, il blogger è colui che scrive su un blog. Che sia una scrittura sporadica, anche un solo post, o un assiduo creatore di contenuti, tecnicamente parlando basta anche solamente “postare” un aforisma su un blog appena creato su WordPress per essere un “blogger”.

Nell’accezione comune del termine, fortunatamente, diventare un “blogger” non è così semplice. Ormai questa nuova figura professionale del web 2.0 è definibile come “colui che cura e pubblica, assiduamente e con cadenza periodica, contenuti su un proprio blog“.

Il più letto, ed il più famoso, blog italiano è quello di Beppe Grillo ma, come riportato su un articolo de Linkiesta sui “Blogger in Italia“, si parla di oltre 500mila diari digitali italiani: una cifra impressionante !

Ovviamente è possibile specializzarsi, diventando così “fashion blogger” (se il tema preferito è la moda), “tech blogger” (se si parla di tecnologia), “food blogger” (per chi è appassionato di cibo e cucina), “photo blogger” (come per Instagram, che è un blog di foto), “video blogger” (ad esempio, utilizzando Youtube), etc etc etc…

La ricerca Osservatorio Blog 2014, pubblicata da Imageware, che prende in considerazione 1200 blog in tutta Europa e 150 in Italia, rivela che la stragrande maggioranza di essi (33%) parla di “Moda e abbigliamento”, seguito da un 24% di “Altro” ed un 21% di “Viaggi”. Un misero 2% per i blog a tema politico, davanti comunque ad un desolante 0% quando si parla di “Sport”, “Famiglia”, “Benessere e salute”.

Interessante citare che l’ispirazione per i contenuti pubblicati sul proprio blog:

la maggior parte dei blogger italiani (85,5%) si basa sui propri pensieri o esperienze personali, dimostrando “indipendenza” nell’ispirazione e definizione dei contenuti.

Comunque sia, con la nascita di questo nuovo strumento di comunicazione, alcuni giornalisti ne hanno subito approfittato per aprire un loro blog e diventare così “blogger”, commentando i fatti del giorno. Sembra che questo porti a svincolarsi dagli obblighi “editoriali” delle testate giornalistiche registrate, permettendo di avere un linguaggio più rilassato e colloquiale, e così –sempre più spesso– sono proprio gli stessi editori che incoraggiano i loro giornalisti a tenere un blog, magari proprio sulla testata madre (come per il Blog de Il Fatto Quotidiano).

Alla fine anche il mondo del giornalismo professionale si è trasformato e lentamente si sta convertendo al citizen journalism, che utilizza lo strumento dei blog per diffondere notizie, commenti, opinioni, svincolandosi dal formalismo della carta stampata. Tanto che in certe testate gli editoriali delle grandi firme sono presentati come “dal blog di

Questa rivoluzione ha due facce: da un lato il giornalista professionista si trova ad usare strumenti “popolani”, dall’altro chiunque può, aprendo un proprio blog e postando contenuti, diventare un giornalista. L’esasperazione di questo concetto è stato ben sviluppato da portali come YouReporter, che nella sua descrizione riporta testualmente:

Grazie a te, YouReporter sta ampliando gli orizzonti della comunicazione, moltiplicando i punti di vista su ogni evento e notizia. Vogliamo dare un volto e una voce anche alle piccole, grandi, notizie che non diventano casi nazionali, magari solo per la lontananza o la distrazione delle troupe giornalistiche.

Perché, a pensarci bene, la grandezza della Rete è proprio questa: giocando tutti nello stesso campo, chiunque può pubblicare notizie o informazioni che, se ritenute meritevoli, saranno amplificate dalla Rete stessa. La rappresentazione digitale del concetto di meritocrazia.

Il blogger, alla fine, diventa attore del cambiamento sociale, un prosumer (producer e consumer) di informazioni, che sostituendosi lentamente ai “professionisti dell’informazione” sconvolge il modo stesso della nascita e diffusione della notizia, vera o falsa che sia. Già, perché qui casca l’asino e l’attendibilità della notizia diventa il nodo di svolta: possiamo prendere per oro colato tutto quello che viene scritto sui blog ? Chi verifica l’attendibilità delle informazioni riportate ? Le fonti sono sempre citate ? E sono fonti attendibili ?

Insomma, i blogger hanno un responsabilità importante nella diffusione e propagazione delle informazioni. Tanto per rendersene conto, parlando proprio di “bufale”, vi invito a consultare il blog di Paolo Attivissimo che proprio nella sezione “Antibufale” riporta decine e decine di casi in cui sono state diffuse informazioni inesatte o, nel peggiore dei casi, false e dannose.

Tuttavia, pur rispettando la libertà di espressione tutelata anche dall’art. 21 della nostra Costituzione ed il diritto di cronaca (che consiste nel “diritto a pubblicare tutto ciò che è collegato a fatti e avvenimenti di interesse pubblico o che accadono in pubblico“), la questione dell’attendibilità delle informazioni è importante.

Ho recuperato in rete un post sul blog della Casaleggio Associati in merito ad uno studio della Pew Internet & American Life Project relativamente alle Elezioni Presidenziali USA del 2008, dove viene rilevato come:

Il 60% dei cittadini ritiene infatti che il web sia pieno di disinformazione e di false informazioni riguardanti la campagna elettorale.

Senza voler entrare, a questo punto, nell’analisi di come la comunicazione politica utilizzi il web, il dato fa riflettere. E, soprattutto, dovrebbe far riflettere come l’uso dei blog nella comunicazione politica assuma sempre di più un ruolo predominante nella scena politica di un Paese.

Ricordo, a tal proposito, lo scalpore che qualche anno fa suscitò il blog di Spidertruman, “I segreti della Casta”, un precario che balzò agli onori delle cronache per la pubblicazione di informazioni private raccolte “dopo 15 anni di lavoro come portaborse a Montecitorio“: un vero e proprio terremoto mediatico sul Parlamento !

Del resto è innegabile che la vera cartina al tornasole dell’informazione, che permette di valutarne la penetrazione e l’efficacia del veicolo, sono proprio i blog (intesi come strumento di feedback). Come testimoniato dal post sopra citato:

l blog generano contenuti che consentono di mediare, aggiornare, convalidare o smentire l’informazione nella Rete sul politico, sul programma elettorale, sul proprio operato e su quello delle sue persone sul territorio.

e questo vale non solo per la politica ma per tutte le altre scienze sociali, poiché è proprio il ruolo dei blogger e dei blog che amplifica l’informazione, elaborandola, suffragati dai commenti e dallo sharing offerto dai social networks.

Nulla di nuovo, verrebbe da dire, poiché per la stessa ricerca accademica, ben più blasonata, vale il simile concetto delle “citazioni”. Il principio è semplice: più sei citato, più la tua ricerca sarà considerata importante (nel bene e nel male). E’ un concetto talmente importante da essere stato “canonizzato” con l’invenzione dell’Indice di Hirsh (H-index), utilizzato per:

quantificare la prolificità e l’impatto del lavoro degli scienziati, basandosi sia sul numero delle loro pubblicazioni che sul numero di citazioni ricevute.

Per chi si chiedesse, a questo punto, se esiste uno “strumento” simile anche per i blog, la risposta è semplice: si, sono gli algoritmi di ricerca e la relativa SERP, ma questa è un’altra storia e la racconterò un’altra volta.

In copertina: la libertà di informazione nel mondo, 2013

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