Avaaz, Facebook e la chiusura delle pagine di fake news

Ha fatto scalpore la notizia sulla chiusura di 23 pagine Facebook dopo la segnalazione da parte di Avaaz, la famosa organizzazione non governativa di petizioni on-line.

A quanto risulta dalle fonti stampa e dai comunicati ufficiali di Avaaz (“ITALIAN NETWORKS BREAKING FACEBOOK RULES ON INAUTHENTIC BEHAVIOR”), è stata sgominata una vera e propria “rete” di pagine

che condividevano disinformazione e contenuti d’odio, di cui oltre la metà a sostegno di Lega e Movimento 5 Stelle, sono state chiuse per violazioni delle regole

Facebook: indagine di Avaaz porta alla chiusura di pagine non ufficiali di Lega e 5 Stelle e altre reti di disinformazione con quasi 2,5 milioni di followers, Avaaz Press Centre

Ripetete con me: “violazione delle regole“.

Ovviamente parliamo delle regole del social network Facebook, di cui abbiamo già parlato molte altre volte. Facebook è una piattaforma privata, commerciale, che chiede a chiunque vi si iscriva l’accettazione delle “Condizioni d’uso”, tra cui:

In caso di segnalazione di contenuti o condotte di questo tipo, adottiamo misure idonee (ad es. offrendo aiuto, rimuovendo i contenuti, bloccando l’accesso a determinate funzioni, disabilitando un account o contattando le forze dell’ordine). Condividiamo dati con altre aziende di Facebook quando individuiamo un uso improprio o un comportamento dannoso nell’uso dei nostri Prodotti.

Condizioni d’uso, Facebook.com

Che piaccia o meno, e personalmente non mi piace, Facebook ha semplicemente adottato la sua prerogativa di gestore di una piattaforma privata, che ha come obiettivo il desidero “che le persone usino Facebook per esprimersi e condividere contenuti per loro importanti, ma senza pregiudicare la sicurezza e il benessere degli altri o l’integrità della nostra community.” oltre ovviamente a comportamenti “contrari alla legge, ingannevoli, discriminatori o fraudolenti“.

Tutto questo significa, in parole povere, che Facebook ha il diritto di tutelare la propria community anche bloccando o rimuovendo contenuti che, a suo parere o a seguito di segnalazione, violano le condizioni accettate da ogni utente registrato alla piattaforma.

L’aspetto che, secondo la mia modesta opinione, dovremmo considerare maggiormente è l’impatto che Facebook ha oggi sulla nostra società. Impatto che si traduce anche in “potere” di condizionare o determinare la vita sociale e politica di una collettività.

Siamo davanti ad una realtà con più di 1 miliardo di utenti che quotidianamente interagiscono tra loro, condividendo foto, video, sensazioni, emozioni, pensieri, opinioni all’interno di questo walled-garden (letteralmente, giardino recintato) privato.

Un giardino digitale che assorbe i nostri dati per utilizzarli a scopi commerciali, profilandoci e offrendoci le inserzioni pubblicitarie che un algoritmo decide essere maggiormente attinenti al nostro pensiero (lucrandoci sopra).

Al destino, come sappiamo, non manca il senso dell’ironia (perdonate la citazione da Matrix): Internet era nata per decentrare e oggi, a quasi 50 anni dalla sua creazione, abbiamo nuovamente accentrato tutti i dati nelle mani di pochissime piattaforme.

Forse è giunto il momento di interrogarsi se possiamo permetterci di avere così tanto potere nelle mani di pochi. Facebook, come Google e altri “giganti” del Web, sono aziende private e non sono soggette al controllo democratico. E chissà se lo saranno mai, perché la loro forza mediatica è talmente grande da superare i confini nazionali e internazionali.

Come utenti, abbiamo il dovere di proteggere i nostri diritti e di imparare a fare le scelte migliori nel nostro interesse e nella tutela dei nostri dati personali. Anche e soprattutto sul mondo digitale, dove l’immaterialità del mezzo rende tutto pericolosamente più leggero. Iniziamo dall’alfabetismo digitale, alla privacy della Rete e all’educazione ai media, per essere più consapevoli e, quindi, più liberi.

Concludo quindi ringraziando Avaaz per il suo impegno nel voler proteggere gli utenti di Facebook dall’entrare in contatto con canali di diffusione di notizie fasulle. Canali che, conoscendone direttamente alcuni, era evidente fossero fucina di bufale ad uso e consumo propagandistico. Il che riporta prepotentemente la questione sull’aspetto “educativo” all’uso della Rete: possiamo scegliere se essere consapevoli ma liberi o ignoranti e soggetti alle decisioni imposte da altri.

Io scelgo di essere libero.

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