The days after lockdown – Code al McDrive, voto online e musei della pandemia

“Il diario sa di nebbia. Senti, quel che stiamo facendo è ingurgitare quest’aria
sporca e fissarla sulla carta. Il mio diario è una carta moschicida,
un miele ripugnante pieno di animaletti agonizzanti.”
Julio Cortázar

Dopo 59 giorni, il lockdown è finito. La cosiddetta “fase 2” attua talmente tante eccezioni che è praticamente impossibile non trovare una valida scusa per non uscire di casa. Sta alla nostra responsabilità, al nostro senso civico, mantenere un adeguato isolamento sociale e adottare comportamenti utili a evitare la propagazione del contagio (mascherina, guanti…).

In questi “quasi” due mesi mi sono impegnato a scrivere un diario quotidiano (partito dal 16 giorno, in realtà), più una sorta di terapia anti-depressiva che altro. Da domenica, ultima pagina (59° giorno), ho ricevuto diverse email che mi chiedevano come mai non avessi scritto ancora. Beh, grazie per l’affetto dimostrato ma la quarantena è finita, ufficialmente, il 3 maggio 2020, ed era giusto andare avanti, fare un altro passo. Avanti o indietro, non ho ancora deciso.

L’Italia ha subito uno dei lockdown più pesanti e lunghi. Ne ho parlato spesso e credo sia giusto continuare a farlo, perché temo che le conseguenze di questa scelta (politica) saranno molto pesanti. La situazione in Lombardia era davvero critica e difficile, impossibile negarlo. Ma, al di là delle regioni e delle province che si sono viste affrontare un sovraffollamento delle strutture ospedaliere, nel resto d’Italia non c’è stata alcuna emergenza. Ripeto: fortuna? bravura? Chissà, non posso giudicarlo. Sul tema, se volete farvi un’idea più precisa della percezione in Italia e in altri Paesi, vi segnalo un interessante articolo: “Covid-19: quale la fiducia dei cittadini nell’operato dei Governi?“. L’Italia, ve lo premetto, ha una situazione interessante.

Ciò che più temo, oggi, è che tutto torni come prima. Che questi due mesi non ci abbiano insegnato, anche se in modo repentino e drammatico, tutti i limiti della società che abbiamo costruito. Che basta poco, un granello di sabbia (o di RNA…), a incepparne il meccanismo. Abbiamo pagato a caro prezzo, e ancora non è finita, lo smantellamento dei presidi sanitari. La lottizzazione politica della sanità, di cui personalmente credo che il modello Regionale abbia ampiamente dato prova dei suoi limiti. Dell’immancabile corruzione e sperpero di denaro pubblico, che anche in questa fase critica non ha mancato di far vedere la sua capacità di adattarsi meglio di altro all’emergenza.

60 giorni in cui non si trovava un panetto di lievito di birra a pagarlo oro. Farine di ogni tipo scomparse dagli scaffali dei supermercati (compresa quella integrale). I social invasi di foto di prodigiose panificazioni casalinghe, la riscoperta dei sapori di un tempo, della cucina casalinga dal pane in poi. Tutto finito, improvvisamente. La lunga fila fuori dal Mc Drive di Via Fiorentina, in attesa di un mc-panino, testimoniano in modo incontrovertibile che non c’è quarantena che tenga: non si resiste al richiamo del junk food. Evasione, anche se solo temporanea, dalle lunghe giornate passate a sgranocchiare le stoppose panificazioni casalinghe.

L’isolamento sociale impone la ricerca di nuove soluzioni anche in tema elettorale. Se ne parla, ahimè, da molto tempo, senza grandi risultati: ancora non sono state trovate soluzioni ragionevolmente sicure al voto elettronico (ricordate le famose blockchain per l’e-vote? Ecco, solo fuffa…). Tuttavia la smania di andare al voto il prima possibile sta solleticando alcuni appetiti e una azienda di Napoli si dice pronta ad affrontare la sfida delle Regionali in Liguria, Veneto, Marche, Toscana, Campania e Puglia (più un discreto numero di amministrazioni comunali) usando una app (brrrr!!!) che, dopo l’autenticazione via SPID, “l’utente sarà identificato tramite un sofisticato (e a prova di sicurezza) software di riconoscimento facciale al termine del quale gli apparirà la scheda dove poter esprimere il proprio voto“. Tremo di terrore all’idea che una roba del genere possa mai prender piede. Ma, soprattutto, fremo di sdegno al sol pensiero che c’è chi potrebbe spendere soldi pubblici per uno strumento simile.

Nel frattempo, in Inghilterra è nato il museo digitale dei cartelli “fatti in casa” durante la pandemia CoVID19: iniziativa simpatica e interessante, che servirà a testimoniare, negli anni a venire, probabilmente il periodo più difficile –dal dopoguerra in poi– che la nostra società si sia mai trovata ad affrontare.

La foto di copertina, scattata intorno alle 12:30 di martedì 5 maggio 2020, mostra una Piazza del Campo praticamente deserta. E una bicicletta, che silenziosa percorre “le lastre”. Che sia questa la nuova normalità nei prossimi mesi, o anni, a venire?

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