EDITORIALE

Non solo digitale, le competenze che mancano e perché è urgente colmare il gap

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La scorsa settimana la Corte dei conti, presentando la sua Relazione sullo stato di attuazione del PNRR, ha sottolineato come la mancanza di adeguate competenze digitali nella PA potrebbe rappresentare un serio ostacolo alla realizzazione del Piano. Il digitale però non è solo tecnicalità e le competenze tecniche non sono più sufficienti: a queste si devono affiancare competenze trasversali e di change management. Insomma, non si tratta soltanto di colmare un gap digitale, ma di fornire strumenti utili a sostenere e guidare il cambiamento in atto

17 Novembre 2023

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Michela Stentella

Direttrice testata www.forumpa.it

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Quasi impossibile trovare un rapporto o un’analisi, sul nostro paese in generale e sulla nostra PA in particolare, che non metta in evidenza il tema delle competenze…quelle che mancano, quelle di cui avremmo bisogno e gli effetti conseguenti alla loro carenza. La scorsa settimana è stata la volta della Corte dei conti, che presentando la Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nel primo semestre 2023 ha sottolineato come la mancanza di adeguate competenze digitali nelle pubbliche amministrazioni potrebbe rappresentare un serio ostacolo alla realizzazione del Piano.

“La realizzazione del Piano può incontrare qualche difficoltà nella limitata dotazione della PA italiana di personale specializzato in ambito digitale. Nel sottolineare tale limite, la Corte rimarca che, per allineare il peso delle figure professionali scientifiche e ingegneristiche agli standard europei, occorrerebbe aumentarne il numero di ben 65mila occupati. Obiettivo che richiederà un particolare impegno, in virtù delle difficoltà riscontrate nell’ultimo biennio dall’attività concorsuale per il reperimento di questi profili professionali”, si evidenzia nella nota stampa della Corte dei conti citando il Rapporto. Un passaggio che ha avuto forse minore risonanza rispetto ad altri – come quelli relativi al basso tasso di spesa e al numero di obiettivi da completare per ottenere la quinta rata in scadenza a dicembre – ma che rispetto alle altre criticità rilevate è più strutturale e ne rappresenta, possiamo dire, la premessa.

Guardando al mondo del pubblico impiego permangono due principali criticità di lungo periodo: la prima riguarda il numero e l’età media dei lavoratori; l’altra il loro profilo non sempre adeguato a una società che cambia a grande velocità. Come evidenziato nell’ultima edizione della nostra annuale Ricerca sul tema, pubblicata nel maggio scorso, ci sono dei segnali di cambiamento ma abbiamo ancora un numero di lavoratori pubblici basso (inferiore ai principali paesi europei in proporzione sia alla popolazione che agli occupati), un’età media alta (sopra i 50 anni con l’esclusione dei corpi di polizia, vv.ff. e forze armate), pochi giovani (solo il 4,8% è sotto i 30 anni), poca formazione e una carenza di tecnici e profili specialistici per cogliere le sfide del PNRR. 

Ci sono poi i numeri forniti nei giorni scorsi dall’Osservatorio Inps sui lavoratori pubblici: su 3,7 milioni di lavoratori pubblici, 1,35 milioni hanno più di 55 anni (il 36% del totale) e si stima che, nell’arco di dieci anni, oltre un terzo andrà in pensione (i 3,7 milioni sono lavoratori con almeno una giornata retribuita nel 2022. Notare che, come riportato nella nota metodologica, in questo conteggio possono essere presenti lavoratori inclusi anche nell’Osservatorio dei lavoratori dipendenti del settore privato non agricolo con riferimento al medesimo rapporto di lavoro, è il caso, per esempio, dei supplenti della scuola per i quali il datore di lavoro versa il contributo per la disoccupazione alla gestione delle prestazioni temporanee per i dipendenti).

Certamente anche l’età media elevata e il blocco del turn over hanno pesato sul mancato rinnovamento dei profili professionali. Il Ministro Paolo Zangrillo ha sempre sottolineato il proprio impegno su questi temi, in particolare con due focus: nuove assunzioni anche grazie a concorsi digitali e più veloci; valorizzazione delle competenze, dei talenti e del merito. Ne abbiamo parlato con lui in diverse occasioni: un’intervista dello scorso aprile, a maggio in occasione di FORUM PA 2023 e ad agosto dopo l’approvazione del Decreto PA bis”.

Ma il tema delle competenze è molto più ampio e riguarda tutta la società. Prendiamo ad esempio il DESI, che ora è diventato Digital Decade Report 2023 (ne abbiamo parlato in questo articolo): il Rapporto della Commissione europea pubblicato il 27 settembre scorso ci racconta che, a fronte di notevoli progressi nel settore delle infrastrutture digitali, permane una situazione molto critica per quanto riguarda le competenze digitali di base. Competenze della PA e competenze dei cittadini, quindi, con un forte impatto anche sul mondo del lavoro: tra i dati riportati dall’ultimo report Unioncamere Excelsior sulle “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine” diffuso nel marzo scorso evidenzia dal confronto tra domanda e offerta di lavoratori con formazione terziaria emerge, nel complesso, un’offerta insufficiente a coprire le necessità del sistema economico per 9mila unità all’anno. In particolare, si prevede che nel prossimo quinquennio risulterà più marcata la carenza di offerta di laureati nell’indirizzo medico-sanitario (mancheranno 12mila laureati ogni anno), in quello economico-statistico (8mila unità annue) e di lavoratori con un titolo terziario nelle discipline STEM (6mila unità annue). In particolare, nelle STEM si osservano i mismatch più critici nell’ambito delle scienze matematiche, fisiche e informatiche e in quello ingegneristico.

Il digitale però non è solo tecnicalità e le competenze tecniche non sono sufficienti per guardare al futuro, se è vero che, come afferma da qualche anno il rapporto Future of Jobs del World Economic Forum, il 65% dei bambini che oggi frequenta la scuola primaria svolgerà un lavoro che ancora non esiste. Insomma, le tecnologie che studiamo oggi potrebbero essere superate molto prima di quando immaginiamo. Le persone sono il vero motore di cambiamento all’interno delle organizzazioni, per questo alle competenze digitali in senso stretto si devono affiancare competenze trasversali e di change management. Ne parliamo in tante occasioni e come FPA stiamo lavorando anche nella pratica per supportare questo tipo di percorsi all’interno delle pubbliche amministrazioni, grazie ad esempio ai corsi della nostra FPA Digital School. Un progetto appena partito e a cui teniamo molto è poi la prima edizione del Percorso Executive in Change Management, promosso da FPA con POLIMI Graduate School of Management: un percorso semestrale di studio progettato per dirigenti e funzionari delle amministrazioni pubbliche (centrali, regionali e locali), ma anche per tutti i dipendenti pubblici che vogliono approfondire le implicazioni organizzative e gestionali legate alla trasformazione digitale (ve l’abbiamo raccontato anche in una puntata del nostro videopodcast FORUM PA Play). Per FPA il Percorso vedrà le docenze di Andrea Baldassarre, Carlo Mochi Sismondi e Gianni Dominici sui trend di digital transformation nella PA e su visione strategica e progettazione del cambiamento. Il problem solving creativo nelle pubbliche amministrazioni è invece il focus che Dominici sta portando proprio in questi giorni al Master PERF.ET, iniziativa del Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Ferrara e promosso dal Centro di Ricerca sul Valore Pubblico (CERVAP), arrivato alla dodicesima edizione. Insomma, temi che puntano non tanto a colmare un gap digitale, ma a fornire strumenti utili a sostenere e guidare il cambiamento in atto.

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