13 settembre 2021 - 17:52

Roma, attacco hacker all’ospedale San Giovanni: si cercano nessi con il virus in Regione

Nel pomeriggio di lunedì è scattato l’allarme per l’intrusione di un virus che avrebbe creato gravi danni all‘attività della struttura, una delle più importanti della Capitale

di Rinaldo Frignani

Roma, attacco hacker all'ospedale San Giovanni:  si cercano nessi con il virus in Regione
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Circa 60 mila accessi solo al Pronto soccorso nel 2019. Ovvero oltre 160 al giorno. Basta questo numero per dare un’idea — peraltro ristretta solo al reparto di primo intervento — del danno causato ieri dall’attacco hacker con virus ransomware all’azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma. Un’infiltrazione, sulla quale indaga la polizia postale, che ha paralizzato l’attività informatica della struttura sanitaria, una delle più grandi della Capitale, e messo a rischio migliaia di visite e interventi prenotati e da prenotare, proprio nel giorno del debutto del sistema interno deputato a questo servizio. Anche questa volta gli incursori avrebbero avuto gioco facile, a meno di due mesi dal blitz che ha messo in ginocchio la Regione Lazio, neutralizzando i sistemi di sicurezza ora al vaglio della Postale: si cerca un collegamento con l’aggressione subìta dall’amministrazione regionale.

All’improvviso lunedì mattina la gestione informatica dell’ospedale, come l’inserimento dei dati dei pazienti al Pronto soccorso e in altri reparti, si è interrotta. Medici e infermieri hanno cominciato a comunicare con gli smartphone trascrivendo a mano referti e documenti. Assicurata comunque tutta l’attività d’urgenza: «Sono proseguite — è stato spiegato dalla direzione sanitaria -—le attività di ricovero, ambulatoriali, assistenza ed emergenza del pronto soccorso. Le prestazioni di emodinamica, radiologia interventistica e l’attività operatoria si sono svolte regolarmente. Stiamo lavorando alacremente per ripristinare tutte le funzioni nel più breve tempo possibile, garantendo la continuità dell’assistenza ospedaliera».

In via dell’Amba Aradam, sede dell’ospedale, le guardie giurate hanno blindato gli ingressi fin dal primo pomeriggio, mentre una squadra speciale della Postale ha preso possesso dei sistemi informatici per analizzarli e ricostruire come gli hacker hanno avuto accesso alla rete del San Giovanni, bloccando in pratica 300 server e 1.500 postazioni computerizzate. Le conseguenze non si sono fatte attendere perché alcuni pazienti con visite e interventi non urgenti sarebbero stati rimandati a casa, in tilt il sistema di accessi al Pronto soccorso, anche per l’impossibilità di gestire l’enorme mole di dati quotidiani, se non tornando ai metodi tradizionali, ovvero carta e penna. Le indagini puntano anche a capire, come è accaduto sempre nel caso del maxi attacco di luglio, se in passato ci siano stati episodi analoghi, non segnalati, che possano aver aperto la strada agli incursori informatici, come anche se la richiesta di riscatto completa di ultimatum, che dovrebbe essere contenuta nel virus lanciato nella rete dell’azienda sanitaria (che gestisce anche altre strutture nella Capitale), sia uguale a quella ricevuta dalla Regione.

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